L’accompagnamento spirituale dei malati (II)

Ogni malattia tocca il cuore

Accompagnare spiritualmente chi soffre una malattia fisica

La malattia ci trova spesso impreparati. Le reazioni sono diverse quando si tratta di qualcosa di improvviso, di acuto; oppure la diagnosi è una malattia cronica, o appaiono i primi segni di demenza senile.

Nella malattia fisica, il processo anomalo ha come causa iniziale o provoca un difetto negli organi o in una funzione fisiologica: alcuni esempi sono il diabete, un cancro, la meningite.

I malati richiedono un’attenzione particolare. È necessario trattarli con il massimo affetto possibile, sapendo che, a volte, lo stesso disturbo può generare suscettibilità ai consigli o ai suggerimenti. Questa è l’esperienza dei maestri della spiritualità: «Quando siamo ammalati, rischiamo di diventare noiosi: “Non mi trattano bene, nessuno si preoccupa di me, non mi curano come merito, nessuno mi capisce…”. Il diavolo, che è sempre in agguato, si afferra a qualunque appiglio; e, nella malattia, la sua tattica consiste nel fomentare una specie di psicosi capace di allontanare da Dio, di amareggiare l’ambiente, o di distruggere il tesoro di meriti che, per il bene di tutte le anime, si ottiene quando si sopporta con ottimismo soprannaturale – quando lo si ama! – il dolore»[7].

La prima cosa da fare, logicamente, è fornire loro l’accesso alle cure mediche di cui hanno bisogno, al fine di rimuovere o ridurre il più possibile il loro disagio.

La vita di pietà deve essere adattata alle circostanze di ciascuno di essi, considerando, ad esempio, se il malato deve restare a letto, se può uscire di casa, ecc. È conveniente facilitare la ricezione dei sacramenti quando l’interessato lo desidera, in particolare della confessione e della comunione, e, in alcuni casi più gravi, l’unzione dei malati e il viatico.

Anche nelle malattie organiche possono insorgere sentimenti di colpa, molto frequenti, come vedremo, nelle malattie psichiche. L’accompagnatore spirituale deve cercare di incanalare tali sentimenti, favorendo la pace e la gioia che provengono dal sapere di essere figli di Dio.

In alcuni casi il senso di colpa può essere immaginario; in altri è reale. Quest’ultimo è il caso delle malattie contratte in seguito a una condotta moralmente sbagliata: alcune infezioni nei tossicodipendenti, L’AIDS per promiscuità sessuale, gli incidenti gravi occorsi sotto l’effetto dell’alcol, ecc. In questi casi, pur senza negare una responsabilità del malato nel suo male, è necessario aiutarlo a recuperare – se l’avesse persa – la grazia e l’amore di Dio. Accettare il dolore come espiazione e penitenza, unirsi alla Passione redentrice di Gesù Cristo senza cessare di chiedere il ripristino della salute può dare a queste persone una grande serenità. Il Signore, che senza dubbio può guarirli fisicamente, ha più a cuore – se così possiamo dire – la loro conversione e la loro salute spirituale. Con gioia questi malati possono ascoltare le parole del Figlio di Dio fatto uomo: «Ecco che sei guarito; non peccare più» (Gv 5, 14).

Abbiamo raggruppato i casi proposti qui di seguito in quattro gruppi generali. In ognuno di essi ci sono innumerevoli fattori, tra i quali l’età è fondamentale. Un giovane tende a pensare di essere guarito anche di fronte a gravi patologie; un anziano, pur in attesa della guarigione, affronta il suo stato in modo diverso. Il direttore spirituale deve rivolgersi ad ogni persona con un linguaggio adeguato, sempre piena di speranza.

2.1. Malattie acute e incidenti minori

Quando un problema di salute si verifica inaspettatamente, anche se è semplice, altera i piani e le previsioni e può portare a domande come: perché io? e perché ora?, che possono presentarsi con angoscia e violenza. E questo può succedere anche di fronte ad una semplice distorsione alla caviglia o un’influenza, che costringe a restare una settimana a letto: è solo un breve periodo, ma è  proprio la settimana in cui si sono previsti tanti eventi (il matrimonio della figlia, un esame, le vacanze…).

Con l’aumentare delle difficoltà o del rischio, forse perché, ad esempio, si deve realizzare un’operazione con anestesia generale per risolvere un’appendicite o ridurre una frattura, la consapevolezza che la vita ha un limite diventa maggiore.

Dal punto di vista spirituale, sono importanti anche questi disturbi imprevisti, che di solito si risolvono in pochi giorni: essi rappresentano un’occasione per manifestare nuovamente l’abbandono nelle mani di Dio e l’accettazione della sua Volontà. Offrire a Dio i cambiamenti dei piani o le contrarietà, accoglierle e viverle bene con gioia significa essere «fedele nel poco» (cfr. Mt 25, 14-28), anche quando si tratta della salute.

2.2 Malattie croniche incurabili

La diagnosi di una malattia cronica, per la quale non è prevista alcuna cura, è motivo di preoccupazione che si accresce in proporzione alla gravità del quadro clinico. L’esistenza non sarà come prima, anche se solo a causa delle modifiche che bisognerà fare nello stile di vita: un piano di esercizi fisici, un’alimentazione particolare, dei farmaci, ecc. Se ci viene diagnosticato il diabete, dovremo seguire la dieta, magari usare l’insulina, fare frequenti test di controllo; in caso di ipertensione, problemi di colesterolo, insufficienza renale o cardiaca, dovremo ridurre il sale o i grassi, ecc.

Comprendere bene i disturbi evita paure ingiustificate e facilita l’attuazione delle misure preventive e curative. A queste persone si deve sempre trasmettere ottimismo e aiutarle a vedere quanto succede come un segno dell’amore di Dio. Possono offrire a Dio, cercando di non stancarsi di farlo, i fastidi, le analisi…, e anche la paura o lo smarrimento di fronte ad una prognosi non del tutto chiara.

Ci sono spesso periodi di scompenso della malattia, in cui la virtù della pazienza è più necessaria. Quando il tempo passa e alcune funzioni organiche peggiorano o le solite cure diventano pesanti, è il momento della perseveranza, di aggrapparsi con più forza alla gioia della croce. Si può ricordare ai malati, in quei momenti, che il loro modo di affrontare la malattia è un’opportunità per dare l’esempio agli altri e soprattutto per unirsi alla Passione di Cristo.

Le attività di ogni giorno – prendere un farmaco, misurare il glucosio nel sangue, ecc. – possono diventare come un richiamo per elevare il cuore al cielo in una piccola e veloce preghiera, in un atto di abbandono, di riparazione, di petizione per la Chiesa, per il Papa, per tutte le anime. I malati, specialmente quelli con malattie croniche, hanno nelle loro mani un grande tesoro di preghiera e santificazione, che possono distribuire generosamente.

Quando i malati giungono allo stadio in cui svolgono pochissime attività esterne o il deterioramento riduce la loro autonomia, possono provare sensazioni di inutilità, di essere un peso, di dare fastidio. Per affrontare queste idee, offrendo le cure di cui hanno bisogno, possiamo ricordare loro che essi farebbero lo stesso per coloro ai quali vogliono bene. È anche utile che vedano come adesso essi stesi rappresentano un’opportunità di crescita per quanti si prendono cura di loro e che, seguendo il Signore nella loro sofferenza, hanno un’efficacia ancora maggiore di quella che avevano quando erano in piena facoltà. Allo stesso tempo, è necessario saper riconoscere i primi segni di sintomi depressivi o di ansia, che richiedono cure specifiche, che saranno discusse nella sezione terza.

È bene aiutare i malati a valorizzare molto la Santa Messa e cercare – se possibile parlando con i loro parenti – di rendere loro facile il prendervi parte. Non pochi anziani e malati cronici soffrono perché non possono partecipare al Santo Sacrificio. Logicamente, bisogna rassicurarli quando non possono partecipare alla Messa domenicale. In questi casi, si può consigliare di seguire la Messa in televisione, se sono in grado di farlo. Bisogna anche incoraggiarli a lasciarsi curare con umiltà, ricordando loro che questo è un modo privilegiato per unirsi al Signore.

2.3 Incapacità e demenza

All’interno delle malattie croniche, un gruppo speciale è costituito da quelle in cui la disabilità diventa molto grande a causa di un’alterazione delle facoltà fisiche o cognitive. Molte persone, di tutte le età, sono costrette a vivere per anni dipendendo da altri per prendere cibo, per l’igiene, per la mobilitazione e così via. Esempi frequenti sono alcuni casi – non tutti, poiché la prognosi e il decorso clinico è variabile – di malattie neurologiche come la sclerosi multipla e simili alterazioni. Come sempre, ogni paziente sarà diverso e dovrebbe essere incoraggiato con affetto, a seconda delle circostanze.

È comprensibile che questi pazienti abbiano momenti di maggiore scoraggiamento e che trovino difficile dare un senso a ciò che accade loro. Un caso estremo è quello di chi subisce un incidente e passa da una vita attiva alla quasi totale paralisi da un giorno all’altro. Molto utile per assistere spiritualmente a qualcuno in queste circostanze è rendersi conto in profondità di quello che provano, e per farlo la cosa migliore è ascoltarli. Ha un grande valore la testimonianza in prima persona del sacerdote spagnolo Luis de Moya, che racconta come affronta da anni una tetraplegia – totale paralisi sensoriale e motoria degli arti – sopravvenuta in seguito ad un incidente stradale. Egli conferma che per una persona in questa situazione «la cosa più dolorosa è sentirsi poco utile o non amata»[8].

Ci sono anche una serie di malattie che si manifestano con un progressivo deterioramento cognitivo e intellettuale che impedisce lo sviluppo delle normali attività. Si chiamano demenze e colpiscono fino al 15% delle persone sopra i 65 anni e il 40% di quelle sopra gli 80[9]. Si manifestano con uno dei seguenti sintomi: alterazione della memoria, impoverimento del linguaggio, difficoltà a nominare oggetti o ricordare parole (agnosia o afasia), mancanza di attenzione e concentrazione, disorientamento nel tempo e nello spazio, agitazione, perdita di giudizio. Inizialmente le difficoltà vengono notate solo dai parenti, i quali osservano in chi ne è colpito una perdita di memoria a breve termine o che dimenticano molte questioni, che il loro carattere, il tono dell’umore o del comportamento cambiano e perdono gli interessi che avevano prima.
La demenza più comune è la malattia di Alzheimer, causata da fenomeni degenerativi che colpiscono i neuroni. Da sola è causa del 50-60% di tutte le demenze. La sopravvivenza, dal momento della diagnosi, è molto variabile, con una media di 7 anni. La seconda demenza più importante per frequenza è quella secondaria ai fattori vascolari (infarti multipli nel cervello). La sofferenza soggettiva dei pazienti è maggiore nelle fasi iniziali, specialmente dopo la diagnosi. Più tardi, invece, il dolore aumenta nei parenti, perché molte volte si verificano cambiamenti sconcertanti nel modo di agire e di reagire dei propri cari malati, i quali si sentono perseguitati e manifestano altre idee deliranti o sintomi psichici. L’aiuto spirituale ad un malato affetto da demenza dipenderà dallo stato in cui si trova. Soprattutto all’inizio, sarà importante trasmettere la speranza, incoraggiare l’abbandono e pensare al bene spirituale che la malattia significa per loro e per quanti li assistono.

Da un punto di vista medico, ci sono consigli ed esercizi preziosi che in alcuni casi possono rallentare il declino cognitivo. Alla fine, se i pazienti perdono completamente l’uso della ragione, sarà necessario fare affidamento su qualche facoltà che abbiano ancora. Serve ricordare loro le pratiche di pietà con cui erano familiari quando erano bambini. Anche nelle fasi avanzate, possono avere dei periodi di maggiore lucidità. Si può pregare con loro, anche se sembra che non capiscano[10]. È sempre importante trattarli con delicatezza e con manifestazioni di affetto, anche perché la capacità di percepire queste attenzioni, di sentire ed esprimere emozioni, si mantengano più a lungo e più intensamente[11].

Un altro disturbo cronico e progressivo è il morbo di Parkinson. È una sindrome o insieme di sintomi e segni, fra cui spiccano il tremore a riposo, la rigidità, la lentezza motoria e l’instabilità posturale. Si tratta di un disturbo che colpisce gli adulti di mezza età e gli anziani. Il 30% dei pazienti riferisce sintomi prima dei 50 anni. Tra il 20 e il 60% dei pazienti sviluppa una demenza nelle fasi successive. In diversi casi, anche all’insorgenza dei sintomi, compare una depressione, che è importante riconoscere per poterla affrontare adeguatamente. Anche se attualmente non esiste una cura per il morbo di Parkinson, i progressi medici nella sua gestione sono notevoli, e continuano ad essere sperimentate nuove forme di terapia. Come in altre situazioni, è utile che i membri della famiglia conoscano alcuni dettagli della malattia, in modo da poter meglio comprendere e aiutare il paziente.

Infine, vale la pena di commentare gli stati di debolezza degli anziani, tenendo presente che l’età non è di per sé la causa di questa situazione. La debolezza dell’anziano può essere considerata una sindrome, caratterizzata da ridotta forza fisica e attività generale, maggiore affaticamento, camminata lenta e instabile, paura e rischio di cadute, mancanza di appetito, perdita di peso, a cui possono essere aggiunte perdite cognitive e depressione. Una valutazione medica e geriatrica è appropriata per cercare le cause. Se non si trova nulla di specifico, si possono applicare diverse misure che contribuiscono a migliorare il quadro: piano di esercizi settimanali per migliorare la resistenza, equilibrio e flessibilità (salire e scendere le scale, camminare, esercizi aerobici, ecc.), supporto nutrizionale con vitamine (soprattutto vitamina D) e assunzione di calcio con latticini senza grassi, oltre ad una dieta ricca di frutta e verdura[12].

Un’attenta e amorevole cura della dimensione fisica e psicologica di questi pazienti promuoverà anche la salute spirituale. Un consiglio più specifico in questa dimensione è che rinnovino il loro amore per Dio e il loro impegno a far avvicinare a Lui gli altri attraverso l’apostolato, l’amicizia e l’esempio di una buona vita cristiana. È sorprendente quanti anziani sembrano recuperare le forze di fronte ai nuovi scenari di apostolato e di servizio[13], e forse in questo modo migliorano o rallentano il loro deterioramento fisico o mentale. Ci sono altri aspetti che dovrebbero essere presi in considerazione nelle persone affette da queste malattie croniche o con un deterioramento significativo dovuto all’età, che non è possibile affrontare qui[14].

Chi si prende cura dei malati con importanti limitazioni o demenze deve essere molto sostenuto, perché è un lavoro faticoso ed estenuante, anche se fatto con affetto e visione soprannaturale. Non è raro che in essi compaiano segni di insonnia, ansia, ecc. Se sono membri della famiglia, può essere consigliato loro di alternarsi o di assumere, se è possibile un servizio a domicilio o personale infermieristico. Esistono oggi, in molti paesi, dei centri specializzati che prestano un aiuto importante ai malati cronici e agli anziani che richiedono maggiore attenzione. La decisione di far entrare un famigliare in uno di questi centri – solo di giorno o in modo permanente – può essere difficile, e a volte viene chiesto consiglio al direttore spirituale. Ci sono istituzioni molto appropriate, con personale specializzato, che possono collaborare umanamente e spiritualmente nella cura dei malati, stabilendo delle routine quotidiane, con più attenzione al cibo, all’igiene, ai farmaci e ai numerosi dettagli della vita, attenzioni tutte che riescono anche a ridurre o ritardare il deterioramento.

 2.4. La malattia grave e l’approssimarsi della morte

Quando la diagnosi comporta un rischio vitale, le domande sul significato della vita e della morte sono cruciali. Per un cristiano, la morte è un cambio di casa, la porta che ci conduce al Cielo. Gli argomenti che si esprimono nell’accompagnamento spirituale devono essere ancora più intrisi di speranza.

È opportuno che i malati conoscano per tempo la gravità del male di cui soffrono, in modo da potersi preparare al meglio e ricevere gli ultimi sacramenti in piena coscienza; di solito, però, non è necessario che conoscano i dettagli della prognosi con troppo anticipo. Sono la famiglia o i medici – con il parere dei parenti – che devono esporre la situazione al paziente, con delicatezza ma senza eufemismi che la rendano incomprensibile. È anche logico lasciare aperta la possibilità di una guarigione, che Dio può volere, e che lo stesso paziente continui a pregare per essa: anche questo esercizio della fede ha un valore.

Per molte persone sarà il momento di mettere in ordine la propria vita. Vorranno dire addio ad amici e conoscenti, risolvere le questioni in sospeso o riconciliarsi con qualcuno, pensare, se fosse il caso, a coloro che dipendono da loro e a come lasciare loro un futuro più stabile, sistemare le questioni di eredità, e così via. Ma, soprattutto, vorranno prepararsi al meglio per l’incontro definitivo con Dio.

È necessario, in questi casi, facilitare la serenità nella vita spirituale. Allo stesso tempo, li aiuterà continuare ad esercitare il più a lungo possibile i loro compiti e le loro occupazioni. Un figlio di Dio che confida nella vita eterna è lieto di potersi donare fino alla fine, anche se non vedrà i suoi progetti ultimati e non potrà godere in questa terra dei frutti di queste ultime imprese: li vedrà in ogni caso, da un luogo migliore e per sempre[15].

Le cosiddette malattie terminali sono la fase finale di numerose malattie croniche, in cui l’aspettativa di vita è inferiore a un mese. Dal punto di vista medico, questa diagnosi viene fatta di fronte ad una malattia in progressiva evoluzione, in cui le cure convenzionali sono state esaurite e i farmaci sono inefficaci; vi è un’insufficienza irreparabile di uno o più organi, o complicazioni irreversibili, come il fallimento di uno o più sistemi[16].

L’accompagnatore spirituale può trovarsi di fronte a dilemmi posti dal malato stesso o più comunemente dai suoi parenti: quali mezzi per preservare la vita sono ordinari o straordinari? È lecito sedare la persona nelle ultime fasi o usare qualche farmaco che può abbreviare la sua vita? Quando accettare di donare qualche tessuto organico? Il direttore spirituale dovrebbe acquisire le conoscenze necessarie per rispondere con le indicazioni del magistero della Chiesa, chiedendo magari anche dei consigli agli esperti, senza precipitarsi in risposte che potrebbero essere poco ponderate[17].

Un compito fondamentale di chi si prende cura di queste persone è quello di alleviare il dolore e altre sensazioni di disagio (come la difficoltà estrema per respirare, la nausea e altri problemi digestivi), che è spesso medicalmente possibile, e accompagnarli per ridurre l’ansia o sentimenti di impotenza. Queste cure mediche, chiamate cure palliative, richiedono personale specializzato e per questo motivo è più frequente – e talvolta conveniente – che questi pazienti possano passare le ultime ore della vita in ospedale. Ci sono, tuttavia, istituzioni che offrono cure palliative a domicilio, che sono molto efficaci. Che una persona negli ultimi istanti possa essere a casa sua – se ha l’adeguato supporto medico -, presenta indubbiamente dei vantaggi. In ogni caso, ovunque si trovi, sarà necessario offrire un ambiente tranquillo e intimo in cui poter ricevere i sacramenti e meditare con pace sull’amore di Dio che la attende, in compagnia dei suoi cari: «Aiutare una persona a morire significa aiutarla a vivere intensamente l’esperienza ultima della sua vita»[18]. Risulta naturale, se è stato fatto fino ad allora, continuare a pregare in famiglia per facilitare la vita di pietà di chi finisce una tappa ma sta per iniziare una nuova avventura, sta per cambiare casa[19].

[7] San Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 124
[8] Cfr. Luis de Moya, Sobre la marcha. Un tetraplégico que ama la vida, Edibesa, Madrid 1997 (3ª), p. 197.
[9] Raramente le demenze compaiono nei giovani, anche al di sotto dei quarant’anni: in questi casi, di solito sono legate a traumi cranici, a malattie infettive, come l’AIDS, o a problemi degenerativi ereditari.
[10] Anche quando una persona è in coma profondo o in uno stato vegetativo persistente, in cui non si osserva alcuna risposta agli stimoli, è bene dire ad alta voce preghiere, per favorire l’unione con Dio, la speranza del Cielo.
[11] Cfr. Manuel Martín Carrasco, Atención a enfermos con demencia, in La salud mental y sus cuidados, cit., pp. 431-439.
[12] Cfr. Claus Hamann, Kenneth L. Minaker, Approach to Frailty in older adults, in Allan H. Goroll, Albert Mulley (a cura di), Primary Care Medicine, Wolters Kluwer e Lippincott, Philadelphia 2009, pp. 1550-1553.
[13] La vita interiore e l’apostolato ringiovaniscono le persone: cfr. S. Josemaría Escrivá, Solco, n. 79.
[14] M. Cornelia Cremens, Management of Alzheimer’s diseases and related Dementias, in Primary Care Medicine, cit., pp. 1207-1219; Miguel Ángel Monge, Enfermedad y vejez, in M.A. Monge (editor), Medicina pastoral, Eunsa, Navarra 2002, pp. 183-186.
[15] Per una comprensione più approfondita dell’argomento: Miguel Ángel Monge e Purificación de Castro, La muerte, final de la vida humana, in Miguel Ángel Monge (editore), Medicina pastoral, cit., pp. 190-222.
[16] Ibidem, pp. 190-201.
[17] Per casi specifici, vedi: Maurizio Calipari, Curar y hacerse curar, Editorial de la Pontificia Universidad Católica Argentina, Buenos Aires 2007; Lino Ciccone, Bioética. Historia, principios y cuestiones, Palabra, Madrid 2006; www.eticaepolitica.net; altre pagine di bioetica, su: www.almudi.org
[18] Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, Carta degli operatori sanitari, 1995, n. 116.
[19] Cfr. San Josemaría Escrivá, Cammino n. 744: «Tu – se sei apostolo – non dovrai morire.
Cambierai di casa, e nient’altro».

Wenceslao Vial

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