La conversione personale nell’Enciclica Laudato si'
Wenceslao Vial

Pochi giorni fa ho potuto apprezzare un’opera d’arte
intitolata Memento (dal latino:
ricordati), dipinto da un prestigioso cardiochirurgo romano che ora si dedica
alla pittura, Pier Augusto Breccia. L’immagine impressiona con la sua forza. Le
spiegazioni dell’autore l’hanno reso viva. Con la sua gentile autorizzazione, la
userò per fornire qualche spunto di riflessione sull’enciclica. La tela, alta
più di due metri, raffigura una stanza in prospettiva. Nelle balconate
laterali, persone di diverse classi e condizioni, osservano con indifferenza la
scena centrale. Due figure indistinte flagellano la sfera del mondo. Appena
sopra, attraverso uno squarcio nel tetto appare improvvisamente Gesù Cristo
sulla Croce. Uno dei carnefici, con lo sguardo assorto sul Dio fatto uomo,
lascia cadere la frusta.
Rompere con l’indifferenza
Il Papa scrive sulle meraviglie della nostra madre Terra,
che «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e
dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» (2). Questo avviene sotto lo
sguardo indifferente dei potenti, dei ricchi, dei corrotti..., di ognuno di noi
che, tante volte, dai balconi del potere, della propria comodità o dell’indifferenza
non vogliamo complicarci la vita. Per troppo tempo abbiamo trascurato il
rischio. È ora di svegliarsi, perché «l’umanità ha ancora la capacità di
collaborare per costruire la nostra casa comune» (13).
San Francesco d’Assisi, che «amava ed era amato per la sua
gioia e autenticità» (10), ha sconfitto la pigrizia, la comodità, e ha vissuto
una vita piena di significato. È necessario cambiare lo stile di vita, essere
più solidali. E questo cambiamento potrà essere raggiunto se cambiano «i
modelli di produzione e di consumo» (5), ma soprattutto se ogni persona decide
di migliorare se stessa, guardando la terra, il cielo e coloro che verranno. Il
cristiano non recita Padre mio che sei
nei cieli, ma Padre nostro... Non
considera la terra una casa ad uso esclusivo, ma la condivide con tutti gli uomini
e le donne, i credenti e i non credenti, con i pesci, gli uccelli, le piante...
E invita a cantare «il sole, la luna e gli animali più piccoli» (11), anche alle
cose inanimate come rocce e minerali... che sono state create buone. Quanto è grande
e ricca la diversità di forme, dimensioni, età, e pensieri! Tutti diversi e
tutti guardati con amore dallo stesso Creatore. Dobbiamo porre fine non solo al
«rifiuto dei potenti, ma anche al disinteresse degli altri» (14), che siamo tutti
noi.
Meravigliarsi ancora come i bambini
L’enciclica è una chiamata ad aprirsi alla magia del mondo e dei suoi abitanti, per
scoprire l’Autore divino. Che bello sarebbe tornare a meravigliarsi come i
bambini! Come quel bambino descritto da Chesterton: un giorno, presto la mattina,
si avvicina ad una finestra arrampicandosi su una sedia, e guarda il sole che
sorge! Signore, lo hai fatto ancora!
Esclama. Forse oggi molti giovani, e non tanto giovani, di fronte a uno
spettacolo come questo del sole diranno soltanto: ma già l’ho visto sul web, è come un salvaschermo… La vita è
sicuramente più gioiosa quando usciamo al di fuori di noi, quando al posto di
tanti click, sappiamo goderci della bellezza
vera, della natura off line.
In questo modo possiamo più facilmente rinunciare a «fare
della realtà un mero oggetto di uso e di dominio» (11), e «riconoscere la
natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla» (12). «La
consapevolezza che siamo una sola famiglia umana» (52) ci può svegliare dal
nostro torpore, per proteggere l’ambiente e aiutare gli altri.
All’interno della grandezza dell’universo, la più alta causa
di meraviglia è l’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, amato
da Lui prima della sua formazione nel grembo materno. È una grande fonte di
speranza sapere che «siamo stati concepiti nel cuore di Dio» (65). Risuona la
voce di sant’Agostino, «gli uomini di solito ammirano l’altezza delle montagne,
le grandi onde del mare, le ampie correnti dei fiumi, il vasto oceano, il corso
degli astri; ma si dimenticano di quanto possono ammirare in loro stessi» (Confessioni, VIII). L’uomo, con la sua «capacità
di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione
con altre persone» e con Dio Padre, ha una
dignità infinita (65) che non può dimenticare. E maltrattare altre creature
è contrario proprio alla sua stessa dignità (92).
Proteggere i più deboli
Come il santo di Assisi, «esempio per eccellenza della cura
per ciò che è debole, e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e
autenticità» (10), dobbiamo difendere i più bisognosi. La terra flagellata, come
appare nel quadro, ci porta a pensare ai più deboli. Non possiamo restare in
silenzio di fronte alla cultura dello
scarto (20-22, 43). I primi a notare il rigore della frusta che li getta
via da questo mondo, sono i nascituri, i malati, i bambini, gli anziani, i
lavoratori precari, i senza tetto, gli emigranti in fuga dalle guerre o dalla
miseria... Queste persone, con la loro dignità infinita, cadono nel buio cosmico, nel vuoto, a causa di
tante leggi fatte solo per i ricchi e per i sani. Quanti politici chiudono le
porte della casa comune a quanti
sembra che non siano utili.
Nel compito di tutelare i più deboli, i primi su cui volgere
la nostra attenzione sono quelli che stanno per nascere. Così si esprime il
Papa: «non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli
esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando
non si dà protezione ad un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi
e difficoltà» (120). Se siamo in grado di cantare le bellezze del mondo, è
perché ci rendiamo conto che «la vita umana stessa è un dono che deve essere
protetto da diverse forme di degrado» (5). Questa vita oggi è minacciata e
schiacciata da leggi che promuovono l’aborto e la manipolazione genetica senza
scrupoli (31).
Ancora una volta i politici sono chiamati in causa. È molto
ingiusto e destabilizzante voler escludere qualcuno dalla casa comune, «incolpare l’incremento demografico e non il consumismo
estremo e selettivo di alcuni» (50); voler imporre le loro politiche in materia
di controllo delle nascite e la cosiddetta salute
riproduttiva. Sono gli stessi che promuovono la sessualità senza gli
aspetti che la fanno umana, con la pornografia e l’anticipo delle esperienze
sessuali. Così fomentano la prostituzione e gli abusi sui minori. Cresce un
business enorme, superiore a quello del prodotto interno di molte nazioni: è la danza intorno al maiale d’oro, con le
parole di Viktor Frankl.
Il mondo flagellato «include l’ambiente, la vita, la
sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti» (6). Una piaga
frequente è l’ideologia del gender,
che cerca di imporre senza fondamenti scientifici l’assenza di una distinzione
tra maschi e femmine. Si tratta di una grave piaga che danneggia l’identità di
base di molte persone: ancora una volta i più vulnerabili sono i più deboli: i
bambini, costretti a ricevere indottrinamento, senza il consenso dei loro
genitori. Il Papa si riferisce ai cambiamenti sociali allarmanti, «l’esclusione
sociale, la disuguaglianza nella disponibilità e nel consumo dell’energia e di
altri servizi, la frammentazione sociale, l’aumento della violenza e il sorgere
di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente
di droga fra i più giovani, e la perdita di identità» (46).
Gli esseri umani hanno una natura comune che devono
rispettare e non possono manipolare a piacere (155). Questo è il fondamento di
una «fraternità universale» (228). Si
deve «accettare il proprio corpo come dono di Dio» (155), rispettando il suo
significato. Non si può negare che ci siano differenze tra i sessi, e ridurre
tutto a una mera sessualità animale. Dobbiamo capire gli esseri umani «apprezzandoli
nella loro mascolinità o femminilità», creati per popolare la terra e godere
con rispetto. Anche in questo modo si smette di flagellare il mondo. La natura
umana, patrimonio di tutti, soffre quando si vuole modificare la sua essenza. Questi
intenti abusivi sono simili alla spazzatura che ora sommerge «i paesaggi
d’altri tempi» (21). Di fronte a questa realtà, dobbiamo ricordare che ciascuno
di noi è amato, ciascuno è necessario (65).
L’essere umano non è «pienamente autonomo. La sua libertà si
ammala quando si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni
immediati, dell’egoismo, della violenza brutale» (105). È questa una nuova
chiamata alla conversione personale. Ad ognuno di noi si chiede la sobrietà nei
consumi, dare a coloro che hanno di meno e non aspirare a un sempre più rapido
progresso soltanto delle minoranze (193), ad un potere sempre maggiore delle
nuove scienze che, se non controllate, si rivolgono contro i più debole, come
nei regimi totalitari (104) rivestiti di apparente democrazia.
Sotto lo sguardo di Gesù
Tutto il creato attende la redenzione, che si fermino i
colpi di frusta. Aspetta ancora oggi, perché anche se il sacrificio di Cristo è
avvenuto una volta sola, è stato per sempre e l’universo continua a
beneficiarne. La Croce rimane un avvertimento, un campanello eterno, come nell’immagine
che stiamo guardando. La cura della madre terra e della nostra natura umana richiede
sforzo, sacrificio, mettere da parte i bisogni egoistici e pensare agli altri.
La conversione e la maturità possono raggiungere un livello cosmico. «Non possiamo sostenere una spiritualità che
dimentichi Dio onnipotente e creatore» (75). Dobbiamo vivere con responsabilità:
saper rispondere a Colui che si è fatto uomo per noi. «Il destino dell’intera creazione
passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine» (99).
Nel corso dei secoli le miserie degli uomini hanno lasciato
il segno. «L’ambiente naturale è pieno di ferite prodotte dal nostro
comportamento irresponsabile. Anche l’ambiente sociale ha le sue ferite. Ma
tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano
verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non
ha limiti» (6). Per questo Cristo, la Verità, appare nella storia.
Il rimedio sta nel non dimenticare che «noi stessi siamo terra
(cfr. Gen 2, 7). Il nostro stesso corpo
è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il
respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora» (2). Se vogliamo cambiare il
mondo, dobbiamo rivolgere lo sguardo a Colui per il quale sono state fatte
tutte le cose, a Cristo. Vederlo nella croce e capire che dobbiamo rinunciare a
possedere tutto e sodisfare tutte le ambizioni, per un amore più alto. Dobbiamo
«passare dal consumo al sacrificio» (9), avere un bella relazione con Dio, con
gli altri e con la terra (66). Così si riesce a godere in profondità di ciò che
ci circonda; «gli stessi fiori del campo e gli stessi uccelli che Egli
contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza
luminosa» (100).
Dio si è fatto uomo, è venuto ad abitare con noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi
(cfr. Ap 21, 3). Dio non è fuori o
lontano, ma spezza il cielo ed entra nel nostro mondo. La vastità dell’universo,
la fragilità umana, ci portano a «pensare l’insieme come aperto alla
trascendenza di Dio» (79). Si tratta di una novità che apre la nostra vita ad
un altro, a un Tu (81). È un Dio vicino perché «egli ci ha amati per primo» (1 Gv 4, 19). «Tutto l’universo materiale è
un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi» (84). L’enciclica
è rivolta a tutti gli uomini di buona volontà. Guardando in su il cristiano
vede Cristo che rivela la verità su se stesso e sul mondo. Il non cristiano e il
non credente che cercano sinceramente la verità, che è apertura, scopriranno
sufficienti segnali per raggiungere il Creatore. Chi, invece, si chiude su se
stesso e non supporta il dialogo, rimane isolato e triste.
È necessaria una conversione personale che ci faccia uscire
da noi stessi. «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere
umano nuovo» (118), che si renda conto che la sua intelligenza lo fa somigliare
al creatore e lo avvicina in un modo nuovo ai suoi simili. Se vogliamo
trasformare la giungla che ci circonda, dovremo cominciare dal nostro giardino,
dall’ecologia della vita quotidiana,
che si manifesta «nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di
lavoro e nel nostro quartiere» (147). E i valori fondamentali provengono dalla
famiglia, dove si impara ad accogliere e proteggere la vita come un dono di
Dio. Si impara pure «a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come
espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo (...), e a
chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male» (213).
La conversione personale richiede la grazia divina, la recezione
dei sacramenti che scaturiscono dalla Croce di Cristo. Nei sacramenti vediamo
in modo privilegiato «la natura assunta da Dio e trasformata» (235). E al centro
di tutti i sacramenti, troviamo la presenza reale di Cristo «nell’Eucaristia
(dove) il creato trova la sua maggiore elevazione» (236). È un’altra
manifestazione di come il Figlio di Dio non appare «dall’alto,
ma da dentro» (236). L’Eucaristia è «il centro vitale dell’universo», «unisce
il cielo e la terra».
Non poteva mancare un riferimento a chi ci ottiene tante
grazie di conversione, a Maria, la Madre del Redentore. Lei è la «Regina di
tutto il creato» (241). Il Papa finisce la sua lettera con un capitolo
intitolato Al di là del sole. «Alla
fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio» (243). Chi
guarda Dio fatto uomo, come uno dei due tormentatori del quadro, è in grado di
lasciare le fruste, di vivere il potere come servizio, di accogliere tutti,
soprattutto i più deboli. Soltanto così può maturare come persona. Chi guarda
Gesù, lascia la massa informe e in lui appare un volto: un volto forse
spaventato e ancora incredulo, ma in procinto di convertirsi. Memento homo... Ricordati uomo e donna di
cosa sei fatto, qual è il tuo destino, la tua missione e la tua grandezza. E
continua a ripetere Laudato si’ mi’
Signore.
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